INTOLLERANZA AL LATTE VACCINO
L’intolleranza al latte vaccino o di mucca viene rilevata attraverso il test delle intolleranze alimentari.
Le persone intolleranti accusano disturbi che vanno dal gonfiore addominale, al meteorismo, diarrea e più raramente orticaria.
È un disturbo molto comune e la causa che la determina è probabilmente data dal fatto che in Italia si consumano abitualmente molti prodotti che contengono latte durante l’arco della giornata, come bevande a base di latte, biscotti, dolci, yogurt e formaggi.
In caso di intolleranza al latte vaccino è utile sostituire i prodotti che derivano da latte di mucca con derivati da latte di capra o pecora, latte di asina oppure con bevande a base di soia o riso, anche se queste ultime dal punto di vista nutrizionale non sono esattamente equivalenti.
Perchè usare prodotti di capra, di pecora o latte d’asina?
Perchè questi prodotti sono più genuini, non derivando da allevamento intensivo che fa uso anche di mangimi, infatti solitamente le pecore e le capre pascolano all’aperto e mangiano l’erba dei campi.
Per quanto tempo occorre eliminare il latte dalla dieta?
Occorre eliminare il latte e tutti i prodotti che contengono latte per circa 5 mesi. Questo dà modo alla mucosa intestinale (fortemente infiammata a causa della risposta anticorpale che in questa fase identifica il latte come un antigene) di ripristinare la sua integrità.
Togliere il latte di mucca può comportare carenze nutrizionali?
No, perchè è possibile inserire nella dieta giornaliera latticini di capra e di pecora che sono equivalenti dal punto di ista nutrizionale.
È possibile usare prodotti senza lattosio?
No, perchè non si tratta di intolleranza al lattosio, lo zucchero del latte, bensì al latte nel suo insieme.
INTOLLERANZA AL LATTOSIO
L’intolleranza al lattosio è un disturbo molto comune. Capiamo allora meglio di che cosa si tratta.
In Italia si ritiene che il 50% circa della popolazione sia intollerante al lattosio, ma solo 1 persona su 4 sa di esserlo.
Questo dato lascia perplessi, soprattutto se si pensa ad una condizione molto diffusa a livello mondiale. In Cina, Giappone e Sud Africa l’intolleranza al lattosio si aggira intorno all’80-100% della popolazione. In Europa osserviamo un gradiente che va dall’ Europa Settentrionale con percentuali di intolleranza del 5%, all’Europa Centrale (30%) fino allEuropa Meridionale (70%).
Definita anche ipolattasia, l’intolleranza al lattosio si verifica in caso di mancanza totale o parziale dell’enzima lattasi, che è l’enzima in grado di scindere il lattosio nei suoi due zuccheri, il glucosio e il galattosio.
Il lattosio è il principale zucchero del latte (contenuto sia nel latte di mucca, di capra, di asina, nonchè nel latte materno) e rappresenta il 98% degli zuccheri presenti nel latte. Ovviamente è presente anche negli altri prodotti lattiero caseari.
Il lattosio assunto con l’alimentazione viene digerito a livello del duodeno dall’enzima lattasi presente in quel tratto di mucosa intestinale. In caso di deficit di questo enzima, il lattosio viene invece digerito dalla flora batterica intestinale, che attuando un processo metabolico diverso, produce anche gas, tra cui idrogeno, metano e anidride carbonica.
Da questo processo ne derivano i disturbi più comuni, che sono appunto gonfiore addominale, dolori a volte di tipo crampiforme, meteorismo, più frequentemente diarrea ma a volte anche stitichezza.
Oltre a questi sintomi è possibile che si manifestino anche cefalea, stanchezza e eruzioni cutanee.
La sintomatologia è differente da persona a persona e dipende sia dalla quantità di lattosio assunto che dalla tolleranza individuale.
Un ruolo importante è dato anche dagli alimenti che si assumono contemporaneamente: se si assumono contemporaneamente carboidrati tra cui anche zuccheri semplici (ad esempio latte zuccherato o latte con biscotti) questi determineranno uno svuotamento gastrico veloce con conseguenti disturbi più intensi, mentre se si assumono prevalentemente grassi questi determineranno uno svuotamento gastrico più lento con sintomi attenuati se non addirittura assenti.
Questi sintomi spesso si possono sovrapporre ai sintomi di altre intolleranze o patologie intestinali, creando un quadro spesso confuso che può portare ad una diagnosi ritardata.
Tre diverse forme di intolleranza al lattosio
Si distinguono tre tipi di intolleranza al lattosio: congenita, primaria o secondaria.
La prima, molto rara, definita Congenital lactase deficiency (CLD) si manifesta già alla nascita del neonato che sviluppa diarrea non appena nutrito con latte, sia esso materno che formulato. Questa è dovuta ad una mutazione genetica autosomica recessiva del gene che codifica per l’enzima lattasi florina idrolasi. Questa condizione persiste per tutta la vita.
In condizioni normali questo enzima diminuisce gradatamente con l’età dallo svezzamento in poi.
La forma primaria invece è dovuta ad un polimorfismo C/T del gene LCT che codifica per l’enzima lattasi. Quindi l’intolleranza al lattosio ha origini genetiche e si può manifestare nel bambino dopo la svezzamento o in età adulta.
La forma acquisita o secondaria è da ricercare in altre patologie come infiammazioni o infezioni dell’intestino, celiachia, morbo di Crohn, sindrome dell’intestino irritabile, o come conseguenza di disordini nutrizionali o dell’assunzione di antibiotici, chemioterapici o radioterapia.
Come si può capire questa forma è transitoria, risolvendosi con la guarigione dalla patologia principale.
Come diagnosticare l’intolleranza al lattosio?
Al momento esistono due tipi di test: il test genetico e il Breath test.
Il primo è di facile esecuzione e non invasivo perchè utilizza un tampone di saliva (quindi molto adatto anche ai bambini), mentre il secondo richiede qualche ora e si esegue sul respiro che viene fatto raccogliere in buste dopo l’assunzione per via orale di lattosio. La presenza di idrogeno o metano individuerà l’intolleranza.
Dove si trova il lattosio?
Il lattosio è presente nel latte e in tutti i latticini, però nei formaggi stagionati come il parmigiano è presente in quantità trascurabili o addirittura assente.
Tutti i tipi di latte contengono lattosio, quindi anche il latte di bufala, di capra, di pecora e di asina.
Inoltre il lattosio viene aggiunto a molti prodotti come insaporitore, ad esempio nel dado, nel prosciutto cotto, nelle salsicce e in molti sughi pronti.
Purtroppo anche molti farmaci usano il lattosio come eccipiente, quindi bisogna prestare attenzione al foglietto illustrativo del farmaco se se ne vuole evitare l’assunzione.
Escludere il lattosio può portare a carenze nutrizionali?
Se si continua ad assumere latte senza lattosio e se si consumano formaggi stagionati si eviterà sicuramente di andare incontro a a carenze di calcio e vit D. In alternativa, per chi non ama i latticini ci sono molti alimenti come spinaci, cavoli, mandorle, nocciole che contengono calcio e alimenti arricchiti di calcio come ad esempio il latte di soia. Poi ci sono i pesci come il salmone e le uova che contengono una buona dose di vit D.
ALLERGIA AL LATTE
L’allergia alle proteine del latte vaccino è tra le più comuni forme allergiche e si verifica quando il sistema immunitario reagisce negativamente al contatto con tali proteine. Dopo l’ingestione del latte possono verificarsi innanzitutto disturbi gastrointestinali, come diarrea e vomito. La pelle può irritarsi e possono comparire dermatite e orticaria. Possono infine essere interessate anche le vie respiratorie con attacchi di rinite, rinocongiuntivite, tosse e asma.
Come si diagnostica l’allergia al latte vaccino?
È possibile eseguire il dosaggio delle IgE specifiche, un’analisi effettuata su sangue o con il Prick test, un test cutaneo. È possibile anche distinguere il tipo di proteine che scatenano l’allergia: queste possono essere caseine, ma anche lattoglobuline e lattoalbumine, le cosiddette proteine del siero del latte.
Occorre eliminare del tutto il latte dalla dieta?
Si, occorre eliminarlo del tutto ed è necessario evitare anche piccole quantità in quanto si potrebbe scatenare anche uno shock anafilattico, reazione immediata molto grave.